IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI VERONA III Sez. civile Ha pronunciato la seguente ordinanza. Il Giudice, sciogliendo la riserva formulata all'udienza del 30 settembre 2014 in ordine alla richiesta da parte intimata di sollevare la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 comma 1-ter del decreto-legge del 28 marzo 2014 n. 47, introdotto in sede di conversione dalla legge 23 maggio 2014 n. 80; Osserva la locatrice Pasella Emanuela, aveva intimato lo sfratto per morosita' con riferimento a un contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo datato 5 febbraio 2013 che prevedeva un canone annuo di € 8.400,00. Stante l'omessa registrazione del contratto di cui sopra ad opera della sig.ra Pasella, la conduttrice Torsi Silvia in data 19.08.2013 registrava il contratto in applicazione del decreto legislativo n. 23/2011 presso l'Agenzia delle Entrate e dall'agosto 2013 corrispondeva alla locatrice il canone mensile di € 159,27 e non € 700,00 come contrattualmente previsti. La sig.ra Pasella in data 2 settembre 2013 provvedeva a sua volta a registrare il contratto datato 5 febbraio 2013 presso l'Agenzia delle Entrate. Successivamente ai fatti su riportati, e' intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 10-14 marzo 2014 che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dei commi 8-9 dell'art. 3 del decreto legislativo n. 23/2011. Nelle more del procedimento di convalida di sfratto e' stata emanata la legge 80/2014 di conversione del decreto-legge 47/2014 che ha inserito all'art. 5 il comma 1-ter «sono fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015 gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'art. 3 commi 8-9 del decreto legislativo n. 23/2011». Deve pertanto concludersi che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 comma 1-ter citato e' rilevante nel presente giudizio, in quanto ove venisse dichiarata l'illegittimita' costituzionale della predetta norma l'intimazione di sfratto per morosita' proposta dalla sig.ra Pasella dovrebbe essere accolta con la condanna della conduttrice al rilascio dell'immobile oggetto dei rapporto locatizio per palese inadempimento. Per l'art. 136 Cost. la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione. Secondo la Corte costituzionale il rigore del precetto costituzionale impone al legislatore di accettare l'immediata cessazione dell'efficacia giuridica della norma illegittima, anziche' prolungarne la vita sino all'entrata in vigore di una nuova disciplina. Le decisioni di accoglimento hanno per destinatario il legislatore stesso, al quale e' precluso non solo il disporre che la norma dichiarata incostituzionale conservi la propria efficacia, bensi' il perseguire e raggiungere, anche in via indiretta, esiti corrispondenti a quelli gia' ritenuti lesivi della Costituzione (cfr. Corte Cost. 9.10.12 n. 245, 29.11.10 n. 350 e 15.7.83 n. 223). Si e' detto che cosi' come l'art. 136 Cost. sarebbe violato ove espressamente si disponesse che una norma dichiarata illegittima conservi la sua efficacia, contrasta col precetto costituzionale anche una legge la quale, per il modo in cui regola le fattispecie verificatesi prima della sua entrata in vigore, persegue e raggiunge, anche se indirettamente, lo stesso risultato. Per la giurisprudenza di legittimita' le pronunce di accoglimento del giudice delle leggi eliminano la norma con effetto ex tunc, con la conseguenza che essa non e' piu' applicabile, indipendentemente dalla circostanza che la fattispecie sia sorta in epoca anteriore alla pubblicazione della decisione, perche' l'illegittimita' costituzionale ha per presupposto l'invalidita' originaria della legge per contrasto con un precetto costituzionale, fermo restando il principio che gli effetti dell'incostituzionalita' non si estendono esclusivamente ai rapporti ormai. esauriti in modo definitivo, per avvenuta formazione del giudicato o per essersi verificato altro evento cui l'ordinamento collega il consolidamento del rapporto medesimo, ovvero per essersi verificate preclusioni processuali, o decadenze e prescrizioni non direttamente investite, nei loro presupposti normativi, dalla pronuncia d'incostituzionalita' (cfr. Cass. 20.11.12 n. 20381 e Cass. 18.7.06 n. 16450). Nel parere della l^ Commissione permanente Affari Costituzionali della Presidenza del Consiglio e Interni si afferma che l'art. 5, comma I ter cit. prevede una «clausola di salvaguardia» degli effetti prodotti e dei rapporti giuridici sorti sulla base d'indicazione di un canone inferiore a quello effettivo e di registrazione di un contratto di comodato fittizio. Non si dubita, peraltro, che le pronunce di accoglimento della Corte abbiano effetto retroattivo, salvo il limite di situazioni giuridiche consolidate per effetto di eventi che l'ordinamento giuridico riconosce idonei produrre tale effetto, e pertanto non si giustifica la compatibilita' dell'art. 5 comma 1-ter citato con gli effetti del giudicato costituzionale. L'art. 3, commi 8 e 9 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 e' stato dichiarato incostituzionale per contrasto con l'art. 76 Cost. perche' la sua introduzione era priva di copertura da parte della legge di delegazione. La Corte si e' limitata a valutare la difformita' rispetto al difetto di delega, non esaminando il merito di quella che pure definisce una «disciplina rivoluzionaria» sul piano del sistema civilistico vigente, perche' introduce una determinazione legale di elementi essenziali del contratto di locazione a uso abitativo in ipotesi di ritardata registrazione dei contratti o di simulazione oggettiva dei contratti stessi. Sulla base di tale pronuncia, al legislatore ordinario non sarebbe stata preclusa la possibilita' di reintrodurre, nell'ambito di un programma di lotta all'evasione fiscale, una norma dal contenuto simile a quella dichiarata incostituzionale, non affetta ovviamente dallo stesso vizio formale. La disciplina si era rivelata un efficace deterrente volto a scoraggiare illecite prassi: dei locatori ed era coordinabile con la speciale ipotesi di nullita' introdotta dalla legge finanziaria del 2005. Nel prevedere un meccanismo di conversione legale differita del contratto nullo, consentiva di comprendere quale potesse essere la sorte dei contratti nulli ex art. 1, comma 346 della legge 30.12.04, n. 311, a fronte d'interpretazioni giurisprudenziali di segno opposto in ordine alla possibilita' di sanatoria tramite una registrazione tardiva. Il legislatore ha pero' ritenuto di muoversi in una direzione diversa, limitandosi a differire nel tempo gli effetti della sentenza d'incostituzionalita'. L'aver fatti salvi gli «effetti» e i «rapporti giuridici» sorti sulla base della norma dichiarata incostituzionale sino al 31 dicembre 2015 appare interpretabile unicamente come differimento nel tempo degli effetti della sentenza, in contrasto con il dettato costituzionale. Non sussistono interpretazioni alternative, compatibili con l'art. 136 Cost., della norma da sottoporre a giudizio di costituzionalita'. Sui rapporti di locazione consolidatisi, perche' oramai cessati, la sentenza della Corte costituzionale 50/2014 non avrebbe avuto in ogni caso alcuna efficacia. Sui rapporti di locazione ancora in corso, l'art. 5 comma 1-ter citato produce effetti con efficacia retroattiva, perche' alla data di entrata in vigore della Legge 80/2014 la sentenza della Corte Costituzionale aveva gia' inciso sui rapporti di locazione registrati ex art. 3 8 comma decreto legislativo 23/11, degli effetti in ordine alla durata del rapporto e alla sua decorrenza (quattro anni dalla data della registrazione) nonche' sull'entita' del canone (predeterminato ex lege nel triplo della rendita catastale). La nuova disposizione pone nel nulla, anche se provvisoriamente, gli effetti della sentenza della Corte, non pero' con una legge priva del vizio presente nel decreto legislativo che aveva introdotto il c.d. «contratto catastale», ma introducendo una regola di diritto intertemporale non armonizzatile con l'art. 136 Cost.